Dalla tragedia alla speranza. La vicenda della Zanardi, l’azienda padovana da tempo in forti difficoltà, sembra racchiusa tra questi due estremi. Da un lato il suicidio del titolare Giorgio Zanardi, che non ha retto il peso di debiti e dissesto, ma dall’altro uno spiraglio aperto verso la ripresa dell’attività e la tutela dell’occupazione. E, nel mezzo, un percorso che può restituire prospettive a molte realtà del settore oggi in crisi. La decisione l’hanno presa i dipendenti stessi della Zanardi, che hanno scelto con larga maggioranza (73 sì su 103) e molto coraggio di trasformarsi in imprenditori e di rilevare il gruppo editoriale, convertendolo in una cooperativa. Tecnicamente si tratta di un workers buy-out: il primo passo sarà la costituzione di una società cooperativa con un piccolo raggruppamento di soci, poi dovrebbero entrare anche gli altri. Ma rilevare l’azienda è solo l’inizio di un cammino ancora tutto da tracciare. Il passaggio successivo sarà una trattativa con i consulenti dell’azienda (che è arrivata al traguardo stremata dalla lunga inattività) per valutare con quale formula rilevare gli strumenti e i macchinari, anche in relazione alle prospettive di utilizzo da parte della cooperativa. Subito dopo verrà firmato il contratto di affitto o di acquisto. La scelta imprenditoriale dei dipendenti Zanardi ha avuto un primo effetto positivo: ha interrotto la procedura di concordato già presentata al Tribunale di Padova, in attesa di individuare le reali potenzialità di un rilancio che sarebbe ben visto anche dai fornitori. La road map, va detto onestamente, potrà essere giudicata solo a medio termine, tra un anno e mezzo circa, alla luce del bilancio 2015. Ma è un buon inizio, come dice la presenza in assemblea di Mario Grillo, amministratore delegato del gruppo editoriale. Poco più di due mesi fa la Zanardi sembrava sull’orlo del tracollo: proprio mentre tentava di riorganizzarsi e fare fronte agli impegni con il supporto di alcuni fornitori, per non perdere le commesse, l’azienda era stata vittima dei ladri. Oltre a computer, materiali e attrezzature, la banda aveva razziato soprattutto i cavi di rame che costituiscono la dorsale di fabbrica, l’impianto elettrico che alimenta la produzione. I ladri non avevano risparmiato nemmeno le macchine, bloccando lavorazioni e volumi già pronti. Ora invece l’inattesa svolta. Oltre a Legacoop (che per facilitare una scelta consapevole ha formato i neo-imprenditori sugli aspetti normativi, i rischi e le opportunità) il buy-out dei dipendenti può contare su uno sponsor eccellente come la Regione, che vede in questa formula un’alternativa agile e solidale alle crisi aziendali. Il nuovo strumento sfrutta lo spirito del decreto legge “Destinazione Italia”: le cooperative dei dipendenti, a fonte della procedura, hanno diritto alla prelazione nel caso di affitto o vendita. In questo come in altri casi-pilota la finanziaria Veneto Sviluppo, braccio operativo della Regione, sostiene i dipendenti pronti a investire di tasca propria per salvare l’impresa. “È una strada interessante che ci interessa presidiare insieme a Unioncamere – spiega l’assessore veneto all’Economia e Sviluppo Maria Luisa Coppola –: le trasformazioni in cooperativa gestite dai dipendenti possono diventare valide alternative al ricorso agli ammortizzatori sociali, con un forte risparmio per lo Stato e un valore per l’economia locale, senza contare la salvaguardia della cultura d’impresa nel settore”. “Il piano industriale è sostenibile, per riavviare la produzione ora raccoglieremo i fondi, tra anticipo della mobilità dei soci, credito cooperativo e investitori istituzionali – dice Devis Rizzo di Legacoop Veneto –. In ogni caso i dipendenti sono stati chiari: vogliono restare attivi nell’editoria, specializzandosi nella produzione di volumi di pregio per garantirsi più valore aggiunto e quindi più margini. Il successo dipende dallo sviluppo di volumi e redditività, ma ci preme coinvolgere nella società più lavoratori possibile”.
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