Tiber, riorganizzazione aziendale: la società bresciana è arrivata al culmine di una crisi legata al settore della stampa e dell’editoria iniziata al tempo del Covid
Rientro amaro dalle vacanze per la cinquantina di dipendenti di Tiber di Brescia. La storica azienda nata nel 1967 come cartotecnica e poi trasformata in un’azienda grafica rotativista specializzata nella stampa di riviste, cataloghi, libri e volantini, sembra arrivata al culmine di una crisi legata al settore della stampa e dell’editoria iniziata al tempo del Covid.
Come scrive la stampa locale – Giornale di Brescia e Brescia Today – e come confermano dall’azienda guidata dalla famiglia Becchetti, la società ha deciso di uscire dal settore della stampa rotooffset continuando invece a operare in quello della stampa piana e del packaging. Quindi verrà riorganizzato il reparto rotative, che occupa una cinquantina di dipendenti mentre prima del Covid ne vantava una settantina con circa 30 milioni di euro di ricavi, e potenziare il mercato digitale e stampa piana con il reparto ex Color Art di Rodengo Saiano. Questo reparto vanta una settantina di dipendenti ed è attivo sia nella stampa offset sia in quella digitale per il mercato commerciale ed editoriale di fascia medio-alta e nel packaging, che era stata acquisito dalla famiglia Becchetti nel 2019 per diversificare la produzione. E nella Color Art erano state poi integrate le Grafiche Artigianelli, impresa di stampa piana che era stata acquistata invece nel 2017, confermando la scelta di rafforzarsi e crescere in quella stampa piana dove Tiber era entrata nel 2014.
Le difficoltà a reggere gli scossoni di un mercato che richiede sempre meno carta stampata sarebbero in corso in Tiber già da almeno quattro anni, innescate in modo insidioso dall’epidemia da Covid e da tutte le conseguenze che ha portato tra cui il passaggio dalla carta stampata al digitale (transizione digitale). Negli ultimi due anni però la situazione avrebbe preso una via ancora più incerta e difficile, minata oltre che dal calo degli ordini anche dall’aumento dei costi energetici, dagli scossoni di un’inflazione che dal 2022 a oggi ha eroso molto potere d’acquisto, e in generale da costi sempre in aumento che hanno portato l’impresa a perdere una consistente fetta di fatturato storico e di marginalità.
La decisione di ristrutturare pesantemente il reparto rotative è stata sofferta, ma finanziariamente inevitabile è stata comunicata alle organizzazioni sindacali a fine agosto e da allora è in corso una trattativa per trovare le più opportune soluzioni per salvaguardare economicamente i 49 dipendenti. Si sta studiando il ricorso ad ammortizzatori sociali, da pensionamenti, prepensionamenti, incentivi all’esodo e cassa integrazione straordinaria.