Differenziare e smaltire in maniera efficace e sostenibile i rifiuti è una delle sfide ambientali più significative, ed economicamente rilevanti, che le aziende di stampa e converting si trovano ad affrontare.

Articolate e complesse, le normative vigenti sullo smaltimento dei rifiuti possono rappresentare per le aziende del settore grafico e cartotecnico un ostacolo da non sottovalutare, soprattutto in relazione alle possibili sanzioni amministrative e penali in cui si incorre in caso di inadempienza. Questo, però, non preclude la possibilità di attuare strategie e prassi operative tali da ridurre, anche significativamente, il costo di gestione dei rifiuti.

Certamente “andare a caccia” del miglior prezzo di smaltimento o recupero non è detto che sia la strategia vincente! Intanto significa cercare una soluzione tardiva: i rifiuti sono oramai già stati generati, classificati e identificati. Secondariamente un basso prezzo, troppo fuori mercato, potrebbe nascondere un falso trattamento o peggio, uno smaltimento illecito, con tutte le spiacevoli conseguenze del caso. La strategia corretta prevede, invece, una analisi dei rifiuti lungo tutta la catena del valore fino ad arrivare alla progettazione e alla scelta dei materiali da impiegare.

Cos’è un rifiuto

Ogni processo produttivo, anche il più semplice, genera scarti che quasi sempre diventano rifiuti. L’attuale definizione di “rifiuto”, come modificata dal D.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, riporta: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Appare quindi evidente che il concetto cardine è rappresentato dal termine “disfarsi”.

Senza però entrare troppo nel merito degli orientamenti giurisprudenziali, il termine “disfarsi” deve essere inteso come attività sia di recupero, sia di smaltimento, che può avere valore commerciale negativo, neutro o positivo.

Tipologie di rifiuti

I rifiuti sono classificati, in base all’art. 184 del D.lgs. 156/02, in due macrocategorie:

  • In base alla loro origine;
  • In base alle eventuali caratteristiche di pericolosità.

I rifiuti prodotti dalle utenze domestiche sono definiti: “urbani”; in questa categoria rientrano anche quelli prodotti da attività commerciali, produttive o industriali che “sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici […]”. Tutti gli altri rifiuti sono definiti: “speciali”; a loro volta i rifiuti speciali, in base alle loro caratteristiche, si dividono in:

  • Rifiuti speciali pericolosi, che contengono al loro interno un’elevata concentrazione di sostanze inquinanti e che rappresentano un pericolo reale per l’ecosistema;
  • Rifiuti speciali non pericolosi, che non rappresentano un concreto pericolo per l’ecosistema in quanto non contengono sostanze nocive, pericolose o infette per l’ambiente.

La gestione dei rifiuti speciali prevede, in larga parte, il loro avvio a forme varie di recupero e, in maniera minore, vengono destinati a operazioni di smaltimento; la media nazionale indica un recupero di qualche punto superiore all’80% e uno smaltimento di poco inferiore del 20% rispetto al totale gestito.

Identificazione, stoccaggio e trasporto

Una volta compreso cos’è un rifiuto e come classificarlo dobbiamo indentificarli e stoccarli fino al momento in cui lo avvieremo a recupero o smaltimento. Per una corretta, e non sanzionabile, gestione è fondamentale che il produttore indentifichi e attribuisca il corretto CER (Codice Europeo dei Rifiuti) al rifiuto non appena viene “generato”, o “raccolto”.

Il codice CER è una sequenza numerica di 6 cifre composta da tre coppie numeriche (es. 08 01 12) che identificano la sostanza (il rifiuto) in relazione alla sua origine:

  • La prima coppia numerica (che va da 00 a 20) rappresenta la classe e identifica il processo produttivo e il settore;
  • La seconda coppia numerica (cha va da 01 a 99) rappresenta la sottoclasse e identifica la specifica attività lavorativa;
  • La terza coppia numerica (che da 01 a 99) rappresenta la categoria e identifica la/le sostanza/e.

Ricordiamo che l’attribuzione del CER è responsabilità del produttore che non può delegarla a terzi.

Una volta generati e indentificati i rifiuti non possono ovviamente rimanere in quantità e per tempi indefiniti in azienda; devono essere invece obbligatoriamente avviati a recupero o smaltimento entro 90 giorni, in caso di adozione del criterio temporale, o al raggiungimento di un volume complessivo di 30 m³, di cui al massimo 10 m³ di pericolosi, nel caso di adozione criterio volumetrico.

Il trasporto dovrà avvenire impiegando soggetti autorizzati, verificando che gli imballi e le modalità di carico siano conformi alla normativa vigente, compilando correttamente il FIR e registrando, poi, il movimento sul registro cronologico di carico e scarico. Ricordiamo che prima di qualificare un trasportatore o uno smaltitore vanno ottenute e verificate le rispettive autorizzazioni.

ELENCO RIFIUTI URBANI

  • RIFIUTI ORGANICI
    • Rifiuti biodegradabili di cucine e mense | 200108
    • Rifiuti biodegradabili | 200201
    • Rifiuti dei mercat | 200302
  • CARTA E CARTONE
    • Imballaggi in carta e carton | 150101
    • Carta e carton | 200101
  • PLASTICA
    • Imballaggi in plastica | 150102
    • Plastica | 200139
  • LEGNO
    • Imballaggi in legno | 150103
    • Legno, diverso da quello di cui alla voce 200137* | 200138
  • METALLO
    • Imballaggi metallici | 150104
    • Metallo | 200140
  • IMBALLAGGI COMPOSITI
    • Imballaggi materiali compositi | 150105
  • MULTIMATERIALE
    • Imballaggi in materiali misti | 150106
  • VETRO
    • Imballaggi in vetro | 150107
    • Vetro | 200102
  • TESSILE
    • Imballaggi in materia tessile | 150109
    • Abbigliamento | 200110
    • Prodotti tessili | 200111
  • TONER
    • Toner per stampa esauriti diversi da quelli di cui alla voce 080317* | 080318
  • INGOMBRANTI
    • Rifiuti ingombranti | 200307
  • VERNICI, INCHIOSTRI, ADESIVI E RESINE
    • Vernici, inchiostri, adesivi e resine diversi da quelli di cui alla voce 200127* | 200128
  • DETERGENTI
    • Detergenti diversi da quelli di cui alla voce 200129* | 200130
  • ALTRI RIFIUTI
    • Altri rifiuti non biodegradabili | 200203
  • RIFIUTI URBANI INDIFFERENZIATI
    • Rifiuti urbani indifferenziati | 200301

Recupero o smaltimento

Le fasi finali della gestione di un rifiuto sono rappresentate dal suo recupero o smaltimento; il primo implica la trasformazione del rifiuto in un nuovo materiale, in un prodotto o in energia mentre il secondo la sua definitiva eliminazione.

Le attività di recupero (indicate dalla lettera “R”) dei rifiuti speciali permettono ai materiali e alle sostanze impiegate nelle lavorazioni industriali di “risorgere” a nuova vita integrando o sostituendo materiali vergini e/o in generale risorse naturali. Il recupero ha un doppio vantaggio, consento un risparmio economico (lungo la filiera) e genera un beneficio ambientale evitando l’impiego di nuove risorse; il recupero consente di re-immettere sul mercato materie prime per altre produzioni, ingredienti o componenti per altri usi o, al limite, generare energia termica.

Lo smaltimento (indicato dalla lettera “D”), previsto per quei rifiuti non idonei al recupero, deve essere quindi impiegato come ultima soluzione poiché, di fatto, rappresenta il definitivo “fine vita” di materiali e sostanze. L’impianto di smaltimento deve essere scelto in base alle caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto; fondamentale in questa fase è la corretta distinzione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi e la scelta della discarica.

LA LETTERA “R”

  • R1 utilizzo principale come combustibile o altro mezzo per produrre energia;
  • R2 rigenerazione/recupero di solventi;
  • R3 riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi;
  • R4 riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici;
  • R5 riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche;
  • R6 rigenerazione di acidi o basi;
  • R7 recupero dei prodotti che servono a captare gli inquinanti;
  • R8 recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori;
  • R9 rigenerazione o altri reimpieghi degli oli;
  • R10 spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura;
  • R11 uso di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10;
  • R12 scambio di rifiuti per una delle operazioni indicate da R1 a R11;
  • R13 messa in riserva di rifiuti per una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12.
LA LETTERA “D”

  • D1 deposito sul o nel suolo;
  • D2 trattamento in ambiente terrestre (biodegradazione di fanghi o rifiuti liquidi);
  • D3 iniezioni in profondità (rifiuti pompabili in pozzi, cupole saline o faglie naturali);
  • D4 lagunaggio;
  • D5 messa in discarica specialmente allestita;
  • D6 scarico di rifiuti solidi in ambiente idrico, ad esclusione dell’immersione;
  • D7 immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino;
  • D8 trattamento biologico che generi composti o a miscugli da eliminare con uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12;
  • D9 trattamento fisico-chimico che generi composti o a miscugli eliminati con uno dei procedimenti da D1 a D12;
  • D10 incenerimento a terra;
  • D11 incenerimento in mare;
  • D12 deposito permanente;
  • D13 raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni indicate da D1 a D12;
  • D14 ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni indicate da D1 a D13;
  • D15 deposito preliminare prima di una delle operazioni indicate da D1 a D14.

I rifiuti assimilabiliagli urbani

Che si tratti di fogli A4/13 stampati, del bicchierino del caffè, della confezione di uno snack o del torsolo di una mela, ogni azienda produce, inevitabilmente, rifiuti assimilabili agli urbani. Questa tipologia di rifiuti può naturalmente essere affidata alla raccolta comunale per la quale, ogni organizzazione, paga la Tassa Rifiuti (TARI). Il D.lgs. 116/2020 tra le varie novità ha anche introdotto, per le utenze non domestica, la possibilità di conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi, ottenendo così una riduzione della quota variabile della TARI.

Indipendentemente però da chi prenderà in carico i nostri assimilabili possiamo lavorare per ridurne il volume e le tipologie generando un sicuro risparmio ambientale e magari anche economico.

La prima operazione consiste nell’analizzare ciò che “buttiamo” e come lo buttiamo. Impiegare, ad esempio, sacchi di plastica nei cestini posti negli uffici (tipicamente sotto le scrivanie) non è una soluzione efficace. Il sacchetto in plastica non può essere “gettato” nel contenitore della raccolta della carta. Questo comporta un’attività manuale di separazione e la creazione di un altro rifiuto che andrà conferito nel bidone della plastica: il sacchetto! Eleminare il sacchetto dai cestini per la raccolta della carta elimina questi sprechi e, inoltre, ribadisce il concetto che in quel cestino ci si deve mettere solo carta, rafforzando così il messaggio: “differenziamo”.

Altra attività di ottimizzazione riguarda la scelta delle forniture per il “ristoro”: caffè; bibite; snack, ecc. In questo caso dobbiamo concordare con il gestore dei distributori di cibo e bevande quali imballi accettiamo, andando categoricamente a escludere quelli non riciclabili; cioè tutti quei materiali destinati all’indifferenziato e, quindi, alla discarica. Anche il bicchierino del caffè ha la sua importanza e il suo costo di smaltimento! In base ai volumi e al numero di distributori si potrebbe optare per un bicchierino in carta, accoppiata a PE, meglio ancora se riciclabile con un grado Aticelca “A”. In alternativa, per bassi consumi, si potrebbe impiegare un bicchiere in bioplastica o una sua versione compostabile. In ogni caso l’importante è che la palettina sia dello stesso materiale e quindi possa essere gestita assieme al bicchiere. Soluzioni miste sembrano magari vantaggiose ma, alla fine, complicano i flussi e finiscono per “contaminare” il rifiuto. Si pensi a un bicchiere in carta con paletta in legno, uno andrà nella carta e uno nell’umido: in quanti sbaglierebbero? Quante palette finirebbero nella carta? Per i più sensibili e, nel caso se ne abbiamo i volumi, segnaliamo il progetto RiVending (https://rivending.eu/) che, tramite uno speciale contenitore e specifici sacchetti consente di risparmiare circa il 150% di volume prodotto e avvia il materiale a uno specifico riciclo; il progetto, sostenuto dal consorzio Corepla, si pone l’obiettivo finale di trasformare un bicchiere usato in uno nuovo nell’ottica dell’economia circolare all’interno del programma “zerorifiuti”.

Analogamente si deve verificare che nel proprio comune alluminio e plastica possano essere gestite nel medesimo contenitore per evitare di dover separare, in area ristoro, la plastica delle bottigliette e l’alluminio delle lattine. Nel caso in cui il comune non impieghi il cosiddetto “multipack” meglio chiedere al fornitore un solo tipo di imballo. Gli incarti degli snack seguono la stessa regola: carta o plastica. Infine, l’umido, spesso non gestito e, purtroppo, mescolato ad altri rifiuti come carta o indifferenziato, deve essere gestito e correttamente conferito.

In ottica non di riduzione, ma di eliminazione, un’altra interessante opportunità è rappresentata dai distributori di acqua microfiltrata accompagnati dalla distribuzione di borracce riutilizzabili. Questo consente di eliminare, quasi del tutto, le bottigliette in plastica da 500ml dai distributori. Il risparmio ambientale sarà duplice: da un lato si ridurranno i volumi di rifiuti plastici generati e dall’altro si andranno a risparmiare emissioni di carbonio per via dei trasporti a monte evitati (dalla produzione alla distribuzione fino in azienda).

Per ottimizzare dobbiamo quindi ridurre al minimo le tipologie di rifiuti che si possono generare. Un buon approccio prevede carta negli uffici; multipack (plastica e alluminio), carta e umido nelle aree ristoro. L’indifferenziato non può, purtroppo non esistere, ma deve essere ben regolamentato e limitato al minimo; per questa ragione si dovrebbero limitare le postazioni di raccolta dettagliando molto bene cosa buttarci; ad esempio: penne, evidenziatori, gomme, carta chimica e siliconata, assorbenti igienici, ecc.

Se si decide di conferire gli urbani tramite la raccolta comunale bisogna sempre riferirsi alle modalità di gestione e di ritiro indicate dal proprio comune di appartenenza per evitare banali errori: in alcune aree le lattine vanno con la plastica, in altre con il vetro!

I rifiuti speciali

Ogni rifiuto speciale, in una qualche maniera, è direttamente riferibile a una o più materie prime che l’organizzazione ha acquistato e pagato. Questo significa che acquistare prodotti “facili”, cioè meno complessi e pericolosi da smaltire genererà, senza sforzi, un primo risparmio. Prendiamo a titolo di esempio lo smaltimento di corpi illuminanti LED; ovviamente se acquistiamo un prodotto disassemblabile prima di essere avviato a recupero andremo a separare con facilità plastica, metallo e componenti elettroniche (RAEE – Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche). Plastica e metallo ci verranno quindi economicamente riconosciute mentre andremo a pagare, non poco, per lo smaltimento della restante parte elettronica. Se al contrario, avessimo acquistato una plafoniera sigillata e non separabile o manutenibile avremmo dovuto gestirla interamente come rifiuto elettronico andando a pagare il costo dei RAEE per tutto il peso della lampada e non solo per le sue poche componenti elettriche ed elettroniche.

Analogamente all’esempio sopra illustrato anche il prodotto grafico, e i rifiuti che i suoi processi di produzione generano, dipendono dalla sua progettazione e dai materiali e dalle sostanze impiegate. Prevedere, in fase di prototipazione, l’uso di una vernice particolare ma classificata come cancerogena o repro-mutogena, comporterà inevitabilmente un aggravio di costo di gestione e di smaltimento, rispetto a una soluzione acrilica. Impiegare quotidianamente inchiostri a base vegetale rispetto a inchiostri UV significa, ad esempio, gestire un rifiuto con CER non pericoloso rispetto a uno pericoloso, e così via.

Stesso ragionamento vale per lo smaltimento delle colle: separare scarti di colle pericolose come le poliuretaniche dalla semplice colla a caldo comporta sicuramente una gestione operativa doppia (doppio contenitore, doppie etichette, doppio codice CER) ma significa anche pagare in proporzione. Mettere le due colle assieme, concetto di per sé già pericoloso in quanto potrebbe essere considerato miscelazione di rifiuti, significa pagare l’intera quantità al costo del pericoloso; tipicamente più alto!

Nel caso di una cartotecnica, gli scarti e le eccedenze di un compensatore in plastica avranno un costo diverso da uno in carta, così come un prodotto plastificato comporterà un costo e non un guadagno come, invece, farebbe lo stesso prodotto verniciato all’acqua. Il primo risparmio sui costi di gestione dei rifiuti nasce quindi in fase di progettazione e approvvigionamento; un aiuto o una ispirazione, in tal senso, arriva dal nuovo Regolamento EU sull’eco-design ESPR (Ecodesign for Sustainable Products Regulation). Naturalmente non si può generalizzare: ci sono applicazioni specifiche per cui un’alternativa alla soluzione più inquinante non sarebbe funzionale, ma in tutti gli altri casi una ri-progettazione o una diversa comunicazione al cliente dei benefici offerti dall’una o dall’altra opzione può fare la differenza.

Abbiamo già chiarito che una volta che un rifiuto è stato generato non rimangono molti margini di manovra; non si può più non produrlo, si può soltanto provare a recuperarlo o, eventualmente, a smaltirlo. Si può giocare d’anticipo: tramite un corretto eco-design del prodotto (o del servizio) che si vuole vendere possiamo prevenire alcune conseguenze legate ai processi produttivi ma sarà poi l’efficienza dei processi a generare la maggior parte del risparmio. Ogni processo produttivo genera inevitabilmente rifiuti ma una corretta progettazione, abbinata a una attenta scelta delle materie prime e dei chimici da impiegare può aiutare a ridurne i quantitativi prodotti e la loro pericolosità. Valutare il corretto bilanciamento tra media produttiva, qualità della lavorazione e scarti diretti e indiretti è la strada corretta per efficientare il processo nel suo insieme. Usare, quando possibile, sfogliaci per gli avviamenti, regolazioni o pulizie, praticando una sorta di ri-uso interno, è una buona prassi che contribuisce a ridurre la quantità finale di scarti.

Un altro aspetto sottovalutato è la corretta separazione dei rifiuti prima della loro raccolta e deposito. Pensiamo ai rifiuti generati da una macchina da stampa offset: tipicamente troveremo carta o cartoncino, plastica e legno dai bancali in ingresso, plastica o latta dalle tolle di inchiostro e dai fusti di vernice e ancora, seppur meno visibili, panni e/o soluzioni per i lavaggi e le acque di bagnatura. Negli ultimi anni tutti i produttori di macchine da stampa hanno ripensato o ri-progettato alcune componenti per ridurre i quantitativi di rifiuti prodotti a pari o superiore capacità produttiva. I panni lava-caucciù ne sono un buon esempio; questa soluzione prevede l’impiego di panni e di nebulizzatori che riducono il consumo di acqua e di solventi in maniera non trascurabile, tant’è che in alcuni casi ci si limita semplicemente a smaltire il panno leggermente umido e nulla di più. Il panno deve essere raccolto in un contenitore idoneo e richiudibile per evitare che il poco solvente residuo possa evaporare e disperdersi nell’ambiente. Panni che, in alcuni casi, previa caratterizzazione e conferma analitica, possono essere gestiti anche come non pericolosi.

Allo stesso modo le acque di bagnatura oggi hanno una durata maggiore in macchina con il beneficio di ridurre sensibilmente il consumo annuo di acqua e di limitare le quantità di soluzione da smaltire. Soluzione che, se correttamente raccolta, può essere avviata a recupero consentendo una separazione del solvente e dell’inchiostro presente per recuperarne l’acqua. Il solvente estratto può quindi essere, a sua volta, recuperato e destinato ad altri usi generando un ulteriore risparmio ambientale.

Gestire i rifiuti non significa solo avviarli al corretto recupero o smaltimento ma soprattutto monitorare i materiali e i processi che li generano. Gli obiettivi delle aziende di stampa dovrebbero essere orientati alla riduzione costante dei volumi, alla diminuzione dei quantitativi di pericolosi e delle classi di pericolo oltre al perfetto “0” (zero) destinato a discarica.

Informazione e formazione

Non si possono ottenere buoni risultati in termini di riduzione di tutti qui rifiuti tanto “costosi” da gestire senza una corretta informazione e una, doverosa, formazione del personale. Creare idonee istruzioni, magari con esempi fotografici più che testuali, organizzare momenti di formazione e confronto, aiutano a condividere, verificare e migliorare le prassi in uso per raccogliere, identificare e stoccare i rifiuti.

Un altro strumento molto utile, ma poco diffuso, è la mappa visuale dei rifiuti; una sorta di rappresentazione grafica dei processi in cui vengono segnati, macchina per macchina, i rifiuti prodotti, quale CER attribuirgli, quale etichetta impiegare, come raccoglierli e con quale contenitore, dove collocarli e, per ultimo, chi chiamare per smaltirli o recuperarli.

Infine, per consolidare le procedure in uso, ma anche per fare formazione sul campo, un’altra buona prassi consiste nel coinvolgere in verifiche a campione sulle macchine, nelle aree di raccolta e nel deposito temporaneo il personale interno all’azienda che per propria mansione non è direttamente coinvolto nella gestione dei rifiuti ma opera in altri reparti o su altri impianti. In questo modo è possibile far “toccare” con mano le prassi di smaltimento delle sostanze pericolose, anche a figure come il responsabile acquisti o il capo commessa. Questi ultimi, infatti, nella scelta e nell’approvvigionamento dei consumabili spesso non tengono conto della complessità della gestione di vernici, inchiostri o chimici etichettati come cancerogeni quando diventano rifiuti.