A commento della notizia apparsa sul nostro portale “A quasi sette anni dalla scomparsa di Umberto Seregni ecco quel che resta in Italia del Gruppo”, Andrea Seregni ci invia la “lettera aperta” che volentieri pubblichiamo.
Relativamente agli articoli recentemente comparsi su alcuni periodici di settore sulla situazione del “Gruppo Seregni”, come famiglia Seregni, ci sentiamo in dovere di precisare quanto segue.
Orgogliosi come siamo di ricevere ancora oggi frequenti manifestazioni di affetto e stima per quanto creato da nostro padre, ci corre l’obbligo di prendere le distanze, nel bene e nel male anche in coerenza con quanto lui stesso ci ha insegnato, dalle vicende societarie che si sono succedute in questi anni dall’uscita di scena della nostra famiglia, e, a maggior ragione, da quelle che hanno fatto seguito alla cessione delle nostre quote di minoranza nella compagine societaria della Fingraf S.p.A, anche al fine di non vedere più il nostro nome accostato a realtà a noi ormai estranee.
Parte della nostra famiglia, nella persona di Andrea Seregni, anche a seguito delle sollecitazioni da parte dei Sindacati e degli attestati di fiducia degli Editori, si era recentemente impegnata nella ristrutturazione produttiva dello stabilimento di Cernusco sul Naviglio, finalizzata alla concessione di un’opzione di acquisto della società Seregni Cernusco (ora Servizi Stampa 2.0.), ma a tale intenzione non è purtroppo stato dato seguito.
La nostra famiglia non ha quindi più alcun rapporto con la realtà aziendale sopra menzionata.
Ciò detto, non possiamo che augurare alla società Servizi Stampa 2.0. i migliori successi per il futuro, auspicando, in particolare, che le famiglie legate a tale realtà produttiva ed il territorio su cui insiste possano continuare a beneficiare di un punto di riferimento così importante.
Anche perché nostro padre, lo confidava a pochi, era fiero soprattutto di una cosa tra quelle realizzate nella vita: il fatto di aver sempre tutelato l’occupazione, anche a scapito del proprio interesse personale.
Giovanni, Alberto e Andrea Seregni