Un tavolo di trattativa che veda la presenza non solo della proprietà e dei dipendenti, ma anche degli enti locali e della politica regionale. Con questo estremo tentativo la comunità di Tregnago, un piccolo comune a cavallo tra le province di Verona e Vicenza, prova a chiamare in causa le istituzioni per salvare la Apollonio SpA da un destino che sembra ormai segnato: dopo anni di difficoltà e una crisi che si è avvitata su se stessa, mancano all’appello perfino gli ammortizzatori sociali promessi.
Un copione che sembra ricalcare la vicenda della bolzanina Rotolongo, dove la politica è scesa in campo per mitigare gli effetti della crisi aziendale in un territorio già colpito pesantemente da chiusure e riduzioni di personale. Data la situazione occupazionale e di mercato di Apollonio, si tratta però di un’attenzione forse tardiva: qui difficilmente l’interrogazione (firmata dal consigliere veneto Valdegamberi) potrà portare risultati concreti, perché la Regione non ha strumenti per sostenere azienda e lavoratori.
A Tregnago Apollonio, attiva dal 1920, occupava pochi anni fa 114 dipendenti, ai quali si aggiungevano quelli delle unità produttive del Padovano e di Nardò, in Puglia. Attiva nel settore della lavorazione delle buste per corrispondenza e mailing, con clienti in Italia e in tutta Europa, ha contribuito a definire gli standard ambientali nel comparto con le certificazioni Fsc e Pefc sui prodotti ricavati dal legname di foreste sostenibili.
Prima della crisi l’azienda veronese aveva investito molto in tecnologia e aveva puntato sui mercati internazionali, arrivando a esportare fino a due terzi del fatturato. Oltre al tradizionale segmento delle buste, Apollonio aveva scelto di espandersi in una delle lavorazioni emergenti più redditizie del comparto: i mailing, una forma di pubblicità diretta apprezzata soprattutto in Francia e in Germania.
Poi il drastico ridimensionamento, iniziato nel 2008 e coinciso con il calo del mercato: il giro d’affari si è quasi dimezzato, passando da 23 a 14 milioni di euro nel giro di soli sei anni. Di qui l’esigenza di ridurre il personale e salvare il salvabile. A marzo sembravano imminenti un’intesa sull’uscita di 103 dipendenti e l’ingresso di un nuovo socio, con il quale mantenere l’attività e parte dei posti di lavoro: ma è rimasto tutto sulla carta.
Un altro serio motivo di preoccupazione è il fatto che nonostante l’accordo per la cassa integrazione straordinaria (che coinvolge un centinaio di operai) non siano ancora stati versati contributi. L’interrogazione in Regione mira anche a sapere perché per gli ultimi mesi di lavorati l’azienda abbia pagato (e in forte ritardo) solo un piccolo acconto.
Il dramma della Apollonio è aggravato dal fatto che tutti i dipendenti sono di Tregnago o dei paesi vicini che e molti provengano dagli stessi nuclei familiari, cosa che rischia di mettere in ginocchio il territorio. Si chiede alla Regione di considerare che l’azienda da quasi un secolo crea ricchezza esportando prodotti di qualità, e che la chiusura totale avrà un effetto dirompente su un’intera vallata, oltre a cancellare di fatto l’indotto.