Frasi ad effetto e immagini iconiche rendono i paper dress dei potenti strumenti di comunicazione
Nel 1966, l’azienda americana Scott Paper Co. realizzò Color Explosion, una campagna per promuovere la sua nuova gamma di asciugamani e tovaglioli in carta. Nella pubblicità figurano due giovani ragazze in abiti cortissimi, in puro stile anni Sessanta: il primo decorato in stile Op-Art monocromatico, l’altro rosso con un motivo paisley. Erano vestiti in carta usa e getta, realizzati con un materiale di cellulosa chiamato Dura Weave, lo stesso utilizzato per realizzare i prodotti commercializzati dall’azienda. Per un solo dollaro e 25 cent chiunque poteva ricevere a casa questi vestiti, insieme a dei buoni sconto per la nuova collezione di fazzoletti e tovaglioli di Scott. Ironia della sorte, la linea di accessori per la casa passò in secondo piano, ma l’idea degli abiti in carta piacque talmente tanto che l’azienda ricevette oltre mezzo milione di ordini in meno di un anno.
Quella che era nata come una campagna ironica si trasformò in un fenomeno di costume, caratteristico degli anni Sessanta, come spiega Jonathan Walford nel suo libro Ready to Tear: Paper Fashions of the ’60s: “gli anni ’60 […] e la loro ottimistica ricerca di un futuro spaziale, avevano creato una società […] pronta ad abbracciare la qualità effimera dell’abbigliamento usa e getta”. Destinati a essere indossati solo una o due volte, gli abiti di carta divennero un potente strumento di comunicazione. I marchi e le aziende più importanti dell’epoca cominciarono a produrre i propri paper dress, utilizzando frasi ad effetto e immagini iconiche per pubblicizzare un nuovo prodotto, utilizzando le persone che lo indossavano come un cartellone pubblicitario in movimento.
Una delle operazioni più creative fu quella di Campbell’s che nel 1967 pubblicò il Souper Dress, un abito stampato con file di lattine dell’omonima zuppa, appropriandosi ironicamente dell’opera d’arte di Andy Warhol ed elevando un prodotto umile allo stato di superstar.
A distanza di qualche decennio, gli abiti in carta continuano ad esercitare enorme fascino. Stiliste come Kelly Murray, Gary Harvey hanno fatto del paper dress design una vera e propria arte che trova spazio in passerella e nei musei. Le creazioni dell’italiana Caterina Crepax (che abbiamo intervistato qualche mese fa sulle pagine de Il Poligrafico n.208) sono state negli scorsi mesi protagoniste di una mostra intitolata La gentilezza della carta, allestita negli spazi di Fondazione Fashion Research Italy di Bologna. I 18 abiti scultura, realizzati con materiali provenienti dalla storica cartiera Cordenons, sono un inno alla sostenibilità e al riuso creativo.