Le comunicazioni ufficiali sono rimandate alla fine dell’estate quando tutti i tasselli del puzzle saranno inseriti al loro posto. Così dal quartier generale del gruppo Lediberg a San Paolo d’Argon (Bergamo) l’unica conferma che viene data riguarda il cantiere aperto per una riorganizzazione di una delle più importanti aziende di stampa italiane. Ma proprio perché si tratta di un passaggio delicato e importante per il futuro del gruppo, qualsiasi anticipazione sarebbe fuori luogo. Quello che è certo, come confermano anche ambienti sindacali, è che la Lediberg, fondata nel 1965 da Lindo e Maria Castelli e ancora oggi guidata dalla famiglia Castelli (che però nel 2006 aveva ceduto circa il 42% del capitale sociale al Fondo Sofipa di Capitalia e quindi del gruppo Unicredit) si trova vicina a una svolta che dovrebbe ridisegnarne l’organizzazione superando quello che è il problema principale del gruppo: la forte esposizione debitoria nei confronti del sistema creditizio. I bilanci mostrano infatti il buono stato di salute dell’attività industriale (con un margine operativo lordo positivo) per cui sono impegnati circa 1200 addetti per un fatturato stimato tra i 120 e i 130 milioni di euro. Del resto il gruppo bergamasco vanta una solida leadership nel mercato (storico per l’azienda) delle agende (leggi Lediberg che negli scorsi anni aveva acquisito anche la Nazareno Gabrielli di Tolentino nelle Marche) e della stampa piana (libri, periodici e commerciale) realizzata dalla controllata Castelli Bolis Poligrafiche, nata nel 2004 dalla fusione del ramo di attività offset della Lediberg con la Bolis. Un’azienda che vanta un fortissimo reparto di stampa piana con macchine Kba e Komori dal formato 50×70 al 120×160 a 4, 5 e 8 colori a cui proprio all’inizio dello scorso anno si era aggiunta una nuova Komori 72×103 a 10 colori convertibile, con tecnologia H- UV. Sempre l’anno scorso era girata fortemente la voce di un’integrazione tra la Lediberg e la Arti Grafiche Johnson (Seriate) del gruppo Bertelsmann. L’obiettivo, si diceva, era quello di far nascere un unico grande polo nella produzione di agende e calendari e risolvere, in qualche modo, anche il problema dell’indebitamento del gruppo Lediberg, con Unicredit e Intesa Sanpaolo che sarebbero state esposte per oltre 120 milioni. La voce non aveva poi trovato alcuna conferma, ma se l’ipotesi del polo (se mai c’è stata) è sfumata, è rimasto in Lediberg il problema dell’esposizione finanziaria. Al quale dovrebbe trovare una soluzione la riorganizzazione allo studio in queste settimane che vede aperte le trattative con le banche e i soci finanziari. Senza escludere che al termine di questo processo possa anche cambiare di nuovo la compagine azionaria con l’ingresso di nuovi partner finanziari e/o industriali. Ipotesi che a Bergamo hanno già alimentato nuove voci come quelle dell’arrivo di fondi d’investimento americani ed israeliani…
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