È stato il settore che ha retto meglio anche nel 2020 terribile, per la salute e per l’economia, dell’emergenza Covid-19. E quest’anno è ripartito con forza confermando anche la preferenza sia per il libro di carta rispetto a quello digitale sia per il canale delle librerie per cui gruppi importanti come Mondadori progettano il rinnovamento degli store e nuove aperture, in tutto una decina entro fine anno da Ravenna alla provincia di Milano a Bologna.
A confermare la buona salute dei libri sono i dati di Aie, l’Associazione italiana editori, resi noti prima delle grandi fiere di Torino e poi di Francoforte. L’editoria italiana di varia – libri a stampa di narrativa e saggistica venduti nelle librerie fisiche e online e nella grande distribuzione – potrebbe infatti chiudere l’anno con una crescita a due cifre, compresa tra l’11% e il 16% per un giro d’affari (prezzi di copertina) tra gli 1,6 e 1,7 miliardi di euro contro i 1,487 miliardi del 2019 e gli 1,47 miliardi del 2020.
La proiezione, ottenuta sommando al risultato dei primi nove mesi i valori del 2019 (per la stima più prudente) e del 2020 (per quella più ottimista), è contenuta nell’analisi periodica del mercato che Aie realizza in collaborazione con NielsenIQ.
“I dati dei primi nove mesi – spiegato il presidente di Aie Ricardo Franco Levi – confermano la crescita strutturale dell’editoria italiana di varia e ci consegnano due fatti su cui riflettere. Il primo: dopo il sorpasso subito nel 2020, le librerie fisiche sono tornate a vendere di più delle librerie online, che comunque dopo la pandemia confermano il loro ruolo di primo piano. Il secondo: l’editoria italiana è sempre meno dipendente dai best seller e dalle novità, cresce il ruolo del catalogo e le vendite sono diffuse su un maggior numero di titoli”.
Nei primi nove mesi dell’anno le vendite nel settore della varia sono state pari a 1.037 milioni di euro, segnando una crescita del 29% sul 2020 e del 16% sul 2019. Come numero di copie, i nove mesi si attestano a 72 milioni di copie, in crescita del 31% sul 2020 e del 18% sul 2019. Il prezzo medio di copertina del venduto è infatti in calo e pari a 14,35 euro (-1,9% sul 2020 e -1,7% sul 2019).
Le librerie fisiche – una buona notizia anche per gli stampatori – sono tornate primo canale di vendita con un giro d’affari di 499,9 milioni (362,5 milioni nel 2020), contro i 479,1 milioni delle librerie online (383,4 milioni nel 2020), e i 58,1 milioni della grande distribuzione (57,9 milioni nel 2020). A livello di quote di mercato le librerie hanno il 48,2%, tre punti percentuali in più rispetto al 2020 ma oltre dieci in meno rispetto al 2019. L’online pesa per il 46,2%, la grande distribuzione per il 5,6%.
Rispetto al 2020, anno in cui la pandemia aveva fatto segnare una notevole contrazione delle novità a stampa nel settore della varia, c’è stata una parziale ripresa. Sono 52.500 le novità a stampa pubblicate nei primi nove mesi, in crescita del 9,6% rispetto al 2020 ma in calo del 2,5% rispetto al 2019. Per quanto riguarda i generi sono in crescita uniforme tutti: narrativa e saggistica, con picchi per i libri su giochi e tempo libero (+251%), fumetti (+202%) e attualità politica (+66%). Se si guarda poi al mix tra libri di catalogo e novità, si vede che i primi pesano per 727 milioni sulle vendite, i secondi per 277 milioni. Rispetto al 2019, le vendite sul catalogo crescono di più di quelle riguardanti le novità: più 19% contro più 12%. Un altro dato significativo che racconta di come l’editoria stia cambiando, anche a causa della diffusione delle librerie online dove sono facilmente reperibili un gran numero di titoli di catalogo e di differenti editori, è il peso relativamente contenuto dei best seller: i primi 50 libri più venduti pesano sul mercato solo il 6,2% a valore e il 5,5% a numero di copie. Non subisce variazioni significative – infine – l’equilibrio tra i primi cinque gruppi editoriali e gli altri editori: i primi hanno il 45,2% del mercato della varia, i secondi il 54,8%, in crescita di meno di un punto percentuale rispetto all’anno precedente.
Infine le buone notizie arrivano anche dall’incremento del numero di titoli venduti all’estero, soprattutto in Europa. E dentro i confini nazionali, con oltre 3 miliardi di giro d’affari (3.056 milioni di euro, più 0,1% rispetto al 2019) anche nel 2020 l’industria del libro si è confermato la prima industria culturale del Paese insieme alle pay tv, terza industria editoriale europea dietro solo a Germania (9,3 miliardi) e Regno Unito (7,5 miliardi). I dati – presentati alla scorsa edizione della Buchmesse di Francoforte – comprendono, oltre il mercato di varia (libri a stampa e digitali di fiction e non fiction venduti nelle librerie fisiche e online e nella grande distribuzione), il comparto educativo, il professionale (libri, e-book, banche dati e servizi Internet) e l’export di libri che conferma sia la competitività delle case editrici italiane sia la capacità produttiva e concorrenziale delle aziende grafiche del nostro Paese capaci di intercettare sempre di più anche le commesse estere, comprese quelle di rientro dal mercato asiatico, in primis la Cina.
di Achille Perego