I primi sostenitori delle pubblicazioni di nicchia sono proprio i brand del lusso, sempre più interessati a un posizionamento meno mainstream e più su misura.
La storia della moda è da sempre, indissolubilmente, legata a quella delle riviste. Basti pensare che si deve al Re Sole la nascita di Le Mercure Galant, uno dei primi settimanali dedicati all’allora neonata industria della moda francese. Ne ha parlato approfonditamente in un recente articolo per Linkiesta Anna Frabotta, fondatrice di Frab’s Magazine, spiegando come per secoli sia stata prerogativa dei magazine specializzati quella di generare tendenze, desideri e compulsioni d’acquisto, trasformando capi e accessori in veri e propri oggetti di culto. E sebbene sia innegabile che, negli ultimi decenni, la crisi dell’editoria abbia radicalmente modificato l’impatto delle riviste, è altrettanto vero che a fare le spese di questa crisi sono perlopiù i grossi gruppi editoriali.
Godono invece di ottima salute i magazine indipendenti che, oggi più che mai, vivono una nuova primavera, sfuggendo all’opinione comune che vuole l’editoria prossima alla morte. I primi sostenitori di queste pubblicazioni di nicchia, anzi, sono proprio i brand del lusso, sempre più interessati a un posizionamento meno mainstream e più su misura, che risulta più efficace rispetto alle vecchie inserzioni pubblicitarie su larga scala.
Nel 2019, The Business of Fashion spiegava come sebbene le riviste indipendenti non possano contare su altissime tirature, il loro valore aggiunto sta nella capacità di creare un prodotto curato nei minimi dettagli, attraverso precise scelte in termini di contenuti, ma anche di font, formati e materiali di stampa. Questa cura contribuisce a creare un pubblico di lettori (e inserzionisti) fedele e consapevole, che sceglie di investire in una specifica pubblicazione perché apprezza e condivide la linea editoriale di chi ci ha lavorato. In un’era sempre più votata alla digitalizzazione, le testate di nicchia sono riuscite a mantenere uno status di autorialità e prestigio proprio grazie alla cura dei dettagli e alla maggiore libertà creativa che possono concedersi, e che consente di attrarre stilisti, fotografi, scrittori brand spesso emergenti e, forse proprio per questo, ancor più interessanti all’occhio del pubblico, soprattutto quello di addetti ai lavori e appassionati.
Nel suo articolo, Frabotta cita alcune riviste di moda indipendenti che, negli ultimi anni, si sono distinte proprio per la scelta audace di temi, design e formati. Tra queste c’è anche BRILLO, rivista di illustrazione, che ha dedicato l’ultimo numero proprio allo strettissimo rapporto che da sempre lega fashion ed editoria. La fondatrice della rivista, Patrizia de Nardi, ha infatti spiegato la volontà di omaggiare un mondo sfaccettato e stimolante come quello della moda, attraverso un amarcord di momenti apicali, con un particolare focus sul ruolo giocato dall’illustrazione.