Un trend non solo italiano ma europeo e si potrebbe dire mondiale. Quello di produrre sempre meno carta per giornali e riviste e sempre più carta (o meglio cartoncino) per il settore del packaging che non ha conosciuto la grande crisi che negli ultimi anni ha colpito il mondo dell’editoria. E questa trasformazione ha significato anche la rinascita della cartiera di Avezzano, lo stabilimento del gruppo Burgo che era stato chiuso cinque anni fa. Una rinascita che, come scrive il Corriere della Sera, profuma di carta, anzi di cartone. Quello ondulato, resistente, adatto agli imballaggi. Un settore in ascesa, complice anche l’aumento delle vendite e delle spedizioni online.
Così, appunto, l’impianto in provincia de L’Aquila, che aveva subito i contraccolpi della crisi del settore della carta grafica utilizzata per realizzare periodici, cataloghi, volantini e libri, è ripartito nei mesi scorsi in seguito a una strategia di riconversione che ha potuto fare leva proprio sul trend positivo della raccolta differenziata di materia prima a livello locale oltre che nazionale. Un trend che vede l’Abruzzo, secondo l’osservatorio del consorzio nazionale Comieco, tra le prime sei regioni in Italia per livello di raccolta di carta e cartone già differenziati. L’ultimo rapporto ufficiale, quello del 2017, ha fatto registrare più di 79 mila tonnellate di materiale raccolto con 59,5 chilogrammi per abitante, un dato superiore alla media nazionale (54,2 chili per abitante). E nel 2018 c’è stata un’ulteriore crescita del 3% con la previsione adesso di arrivare nell’anno a 84mila tonnellate.
Come ha spiegato l’amministratore delegato del gruppo Burgo Ignazio Capuano sempre in un articolo uscito nei giorni scorsi sul Corsera, lo stabilimento di Avezzano si era fermato nel 2014 ed era rimasto solo un presidio di lavoratori a occuparsi del centro taglio a servizio delle altre cartiere. Ridurre la capacità produttiva fu una scelta obbligata di fronte alla crisi del settore delle carte grafiche. E così di 290 lavoratori ne restarono in azienda solo una trentina. Furono in tanti a comprendere la gravità della situazione e ad accettare i trasferimenti in altre sedi, alcuni finirono a Sora e altri in Belgio. Adesso con la riapertura c’è stato il tanto atteso ritorno a casa.
La rinascita, dopo la crisi e gli ammortizzatori sociali per chi non ebbe la possibilità di essere reimpiegato subito, è iniziata nel 2016 all’interno della strategia di Burgo Group di avere una presenza sempre più forte nel settore dell’imballaggio. E con un investimento di circa venti milioni di euro in macchinari nuovi che aveva visto all’inizio del 2017, come aveva riportato allora Stampamedia.net, la decisione di affidare al gruppo austriaco Andritz l’incarico di ricostruire e trasformare la PM2 (la continua che prima ad Avezzano era dedicata a carte bianche da stampa e scrittura) per produrre carta per ondulatori e testliner a due strati con un range di grammatura da 80 a 170 g/mq.
La scommessa è quindi basata sulla produzione di materiale per i cosiddetti containerboard. E si prevede che a regime la nuova linea raggiungerà una capacità pari a circa 200mila tonnellate con un consumo di 715mila di materia prima destinate alla realizzazione di cartone ondulato rinnovabile. L’idea di Burgo – con la riconversione delle competenze anche degli operai che oggi sono circa 140 – è quella di far diventare di Avezzano un polo d’eccellenza per questa tipologia produttiva. Con un fatturato che si attesta tra i 90 e i 100 milioni di euro (su un totale di gruppo che sfiora i due miliardi) e con la fiducia che in futuro potrà andare ancora meglio sia per i ricavi, sia per l’occupazione.
di Achille Perego