Fino a qualche anno fa l’idea di un settore industriale basato sulle foreste e di una bioeconomia circolare sembrava essere dimenticata dal processo decisionale della UE
La filiera cartaria e forestale ha dimostrato un elevato livello di resilienza in tempi di crisi facendo affidamento sulle risorse locali in un contesto geopolitico che richiede “autonomia strategica”. Infatti la filiera cartaria e forestale nel suo complesso rappresenta ancora il 20% delle imprese manifatturiere dell’UE e impiega direttamente 4 milioni di persone. Questo è solo uno dei dati macroscopici che e’ emerso nell’ambito del “Bioeconomy Changemakers Festival” organizzato questa settimana dalla DG Ricerca e Innovazione della Commissione Europea durante un incontro che si è tenuto ieri, a Bruxelles e che ha riunito una delegazione dei principali bioproduttori europei, tra cui il presidente di Cepi Marco Eikelenboom, CEO di Sappi Europe, nonché il vicepresidente esecutivo della Commissione Maroš Šefčovič e rappresentanti della società civile. Il tema del nuovo dialogo che avviato ieri è la bioeconomia basata sulle foreste, che può essere definita in senso ampio come quella che copre tutti gli attori che fanno affidamento sulla biomassa forestale e sulla circolarità e che è diventata centrale sia per le politiche climatiche che industriali dell’UE.
“In Italia la bioeconomia, di cui fa parte dell’industria cartaria, ha un fatturato di 425 miliardi di Euro e 2 milioni di addetti” ricorda Massimo Medugno, DG Assocarta a commento dei dati europei che aggiunge “Un contributo importante che si riflette anche nel recente regolamento sugli imballaggi approvato oggi dal COREPER in cui la rinnovabilità della carta e la sua circolarità vengono riconosciute”.
Con il suo impegno nella silvicoltura sostenibile e la sua comprovata esperienza nel campo della circolarità, il settore cartario e forestale consente all’Europa di sfruttare il potenziale delle sue foreste di assorbire CO2 e i benefici derivanti dallo stoccaggio del carbonio nei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita. La contabilità del carbonio dell’UE è influenzata positivamente anche dalla capacità del settore di sostituire i prodotti a base fossile con i propri. Attualmente, si stima che il settore forestale consenta il sequestro annuale di 806 Mt di CO2 equivalente, il che corrisponde a mitigare il 20% delle emissioni fossili totali dell’UE.
Al di là degli effetti climatici, il mercato circolare della bioproduzione rappresenta anche un’opportunità economica. Si stima che esso crescerà di 7 trilioni di euro a livello globale fino al 2030. Le aziende del settore si riforniscono principalmente dall’Europa, riducendo alcune delle dipendenze del continente, hanno un’impronta di carbonio fossile relativamente piccola e sono in prima linea a livello globale in varie applicazioni tecnologiche a base biologica.
Mentre la concorrenza globale si sta intensificando, si prevede che questo vantaggio di anticipazione consentirà alle aziende con sede in Europa di conquistare una quota significativa del mercato in crescita.
Per accompagnare questa crescita, i bioproduttori necessitano di un’evoluzione corrispondente delle normative che riflettano il ruolo che i loro materiali e prodotti svolgono nel raggiungimento degli obiettivi climatici dell’UE. L’ulteriore espansione dei modelli di business esistenti e lo sviluppo di nuovi potrebbero consentire al settore di aumentare la riduzione delle emissioni fossili nell’UE ad almeno il 30% delle attuali emissioni di CO2 entro il 2030.
La crescita potenziale dipenderà anche dalla capacità del settore di applicare il principio a cascata: dare priorità ai prodotti della biomassa di maggior valore e promuovere un modello che rispetti la biodiversità. I rappresentanti del settore concordano sul fatto che è fondamentale che la conversione delle biorisorse in prodotti sostenibili sia efficiente in termini di risorse per quanto riguarda l’uso di acqua, energia e materiali, rafforzando il principio del “fare di più con meno” dell’economia circolare. Nessun altro settore è nella condizione di potenziare il benessere dei cittadini europei senza aumentare il consumo di risorse naturali.