Più di un anno di lavoro da remoto ha cambiato in maniera forse permanente il modo di vivere la quotidianità. Non soltanto per quanto riguarda gli spazi privati, ma anche quelli pubblici, in primo luogo gli uffici. Per alcuni, l’emergenza Covid-19 ha coinciso con la scelta radicale di abbandonare l’ufficio; altri, soprattutto con l’avanzamento della campagna vaccinale, stanno gestendo il ritorno alla “normalità” alternando lavoro in presenza e da remoto.

La ridefinizione delle abitudini ha portato a riscoprire la formula “ibrida” del coworking. Secondo una ricerca di Italian Coworking, Milano, Roma e Torino si collocano ancora all’apice della classifica per densità e diffusione di coworking in rapporto alla popolazione. Tuttavia, la diffusione del south working ha avuto come conseguenza l’apertura di spazi di smart office in città medio-piccole.  Anzi, la ricerca conferma che un coworking su quattro sorge in città come meno di 50mila abitanti, mentre la metà degli smart office è attiva in comuni con meno di 20mila abitanti. Questi dati spingono sempre più player nazionali e internazionali a investire nell’apertura di spazi coworking anche in aree periferiche ed extraurbane. Come ha fatto una delle principali reti nazionali di uffici flessibili in Italia, Copernico, con l’apertura di un nuovo hub nella zona di Assago.

Come già successo nel settore retail e Ho.Re.Ca. anche i coworking dovranno essere ripensati per conciliare le esigenze di condivisione con quelle di sicurezza e salute degli utenti. 

Secondo il sito allwork.space, una delle considerazioni che i progettisti dovranno continuare a prevedere riguarda i livelli di energia che si alternano nel corso di una giornata lavorativa, per fornire una varietà di spazi volti a rispondere a diverse esigenze. Volumi, colori, materiali e illuminazioni continuano a giocare un ruolo fondamentale nell’arredamento di interni anche quando si parla di postazioni lavorative. Resta ancora viva la tendenza alla contaminazione con il mondo dell’hotellerie, che prevede una mescolanza tra spazi dedicati al business e altri dedicati alla convivialità. Le sale riunioni vengono alternate a “spazi di defaticamento” che si tratti di un salottino, una palestra o  un angolo bar. Intanto per far fronte all’esigenza di prevenire esposizioni al contagio, in alcune realtà come JustCo a The Centrepoint, Singapore, si è cercato di ridurre i contatti introducendo sistemi di ingresso che si basano sul riconoscimento facciale e su accessi senza tessera. JustCo utilizza inoltre software di analisi spaziale che consentono di inviare aggiornamenti in tempo reale agli utenti per verificare l’affollamento in diversi momenti della giornata. In Italia, a Torino, si sperimenta la formula del coworking diffuso attraverso Ultraapp, una piattaforma digitale che geolocalizza e consente l’accesso ai luoghi di lavoro condiviso, rilevando la presenza di persone all’interno dei locali, le caratteristiche del quartiere in cui si inserisce, i servizi di mobilità sostenibile, le attività commerciali e le iniziative di intrattenimento culturale presenti nell’area o sviluppati nella community del coworking. La filosofia è quella di rendere i luoghi di lavoro salutari e sostenibili. attraverso linee guida come quelle di Ultrahabitat che puntano a una riconversione degli edifici o parte di essi in una chiave che unisca sostenibilità e innovazione, puntando sull’uso di materiali riciclabili e fonti di energia rinnovabili, sull’uso di vernici atossiche e vegetazione “assorbi smog”.

di Caterina Pucci