Per comprendere le motivazioni che hanno spinto la Commissione Europea a emanare il nuovo regolamento contro la deforestazione e il degrado forestale (EUDR, European Deforestation-free products Regulation) dobbiamo capire come e perché stiamo ancora deforestando.

Il nuovo regolamento, entrato in vigore lo scorso 29 giungo 2023, sarà presto operativo e sostituirà il precedente Regolamento Legno (EU Timber Regulation 995/2010). Scopo dichiarato dell’EUDR è la riduzione degli impatti legati ai consumi europei sulla deforestazione globale.

Quanta foresta stiamo perdendo?

Il primo dato che dobbiamo analizzare è il cambiamento netto della copertura forestale mondiale. La variazione netta è il risultato dell’aumento della copertura forestale globale, realizzato sia per espansione naturale della foresta, sia per piantumazione di alberi, meno la deforestazione. Nella figura 1 vediamo le aree in aumento, identificate con il colore verde e quelle in riduzione con il rosso. L’ultimo rapporto FAO ha stimato una perdita netta, nel decennio scorso, di 47 milioni di ettari; per il decennio precedente la perdita è quantificata in 52 milioni di ettari mentre, per quello ancora precedente, di 78 milioni. Questi dati non devono essere considerati “infallibili”, si tratta, pur sempre, di stime piuttosto complesse; i dati sui cambiamenti forestali non sono sempre accurati, completi e disponibili. I cambiamenti possono inoltre essere rivalutati di anno in anno e, per questo, la FAO tendenzialmente rendiconta queste informazioni su una media di 5 anni. Se analizziamo l’ultima decade la perdita netta di foreste è stata mediamente di 4,7 milioni di ettari per anno. Il dato di deforestazione è però molto più alto; indicativamente valutabile in 10 milioni di ettari l’anno.

Deforestazione: un problema che inizia più di 5.000 anni fa

Siamo abituati a credere che gli impatti ambientali siano solo un problema moderno ma la deforestazione, in realtà, inizia molto prima della rivoluzione industriale. La figura 2 rappresenta la perdita forestale a partire da 10.000 anni fa e la dettaglia in perdita per coltivazione, per allevamento e per usi abitativi. Il nostro pianeta ha circa 14,9 miliardi di ettari di terre emerse di cui il 71% abitabile. Il restante 29% sono deserti, dune, ghiacciai e saline. Circa 10.000 anni fa il 57% delle terre abitabili era coperto da 6 miliardi di ettari di foreste, oggi ne rimangono appena 4 miliardi. Il 10% di questa perdita è avvenuto prima di 5.000 anni fa, cioè quando la popolazione mondiale era inferiore ai 50 milioni di abitanti. Negli anni successivi la popolazione mondiale è cresciuta a ritmi sempre maggiori fino a superare i 600 milioni intorno al 1700 ma, nonostante l’espansione di terre coltivate e allevamento, le perdite sono rimaste ancora contenute. La situazione, da questo momento in poi, cambia; già agli inizi del ‘900 la deforestazione raggiunge, a livello globale, il miliardo di ettari. Negli ultimi 100 anni il tasso di deforestazione è incrementato sino a divenire insostenibile; la perdita netta, ad oggi, ammonta a circa 2 miliardi di ettari.

Foreste in cambio di…

Quando pensiamo alle foreste che scompaiono il primo pensiero è solitamente quello delle grandi megalopoli mondiali, delle strade e dei palazzi che occupano suolo, ma non è questo il vero problema. Le aree urbane mondiali coprono circa l’1% di tutte le terre abitabili. Così come lo sono, in minima parte, l’uso di legname per edilizia e arredamento e, ancor meno, per la produzione di carte e cartoni. Il nostro più grande apporto alla deforestazione è dato da ciò che mangiamo e non da dove viviamo. Se è ragionevole pensare che nel 2100 supereremo i 10,8 miliardi di abitanti quale futuro avranno le foreste?

Le Certificazioni forestali aiutano?

Nate all’inizio degli anni Novanta, le Certificazioni forestali e le relative “catene di custodia” hanno cercato, da subito, di promuovere una gestione delle foreste che fosse sostenibile. L’obiettivo primario non è mai stato la mera conservazione forestale, piuttosto un loro utilizzo che ne potesse garantire anche la conservazione. Sicuramente le Certificazioni forestali hanno avuto il pregio di portare sotto i riflettori il tema della deforestazione e hanno giocato un ruolo importante nel sensibilizzare produttori e consumatori. Oggi, grazie ai “marchi” associati alla gestione forestale responsabile, le certificazioni, oltre ad essere una garanzia per i consumatori hanno, nel loro complesso, aiutato anche a preservare alcune foreste primarie e supportato la riforestazione di molte aree.

Biodiversità forestale

Nel corso degli anni però alcuni aspetti specifici legati alle Certificazioni, forestali e di catene di custodia, nella lotta alla deforestazione sono stati messi in discussione. Un recente studio del 2024 intitolato “FSC forest certification effects on biodiversity: A global review and meta-analysis”, pubblicato sul volume 908 della rivista “Science of The Total Environment”, prova a valutare gli effetti della Certificazione forestale FSC sulla biodiversità. FSC, ricorda lo stesso studio, è stato il primo standard forestale oltre a una certificazione pioneristica che, da oltre trent’anni, cerca di costruire un approccio sostenibile alla gestione forestale che dia uguale peso alla dimensione economica, ambientale e sociale.

La pubblicazione, pur riconoscendo diversi meriti alla Certificazione FSC e sottolineando come gli studi specifici siano ancora pochi, limitati e geograficamente circoscritti, si conclude con un sostanziale parere di neutralità. In base alle attuali informazioni, i risultati suggeriscono che non ci sia una netta differenza tra l’abbondanza di biodiversità nelle foreste gestite secondo lo schema FSC e quelle non certificate. Va comunque precisato che questo meta-studio si focalizza solo su uno dei dieci principi che descrivono gli elementi essenziali e le regole di gestione forestale secondo FSC.

Foreste e popolazioni indigene

Accettata, all’interno dell’Agenda 2030, come strumento per il raggiungimento di almeno 11 dei previsti 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, la Certificazione FSC dovrebbe garantire efficacia e affidabilità per quanto riguarda non solo la conservazione della biodiversità ma anche il benessere umano. Nel 2018, a seguito dell’uscita da FSC di Greenpeace International che, nel 1993, assieme a WWF ne era stata una delle ONG sostenitrici, si sono mosse critiche in merito alla reale protezione offerta dalle varie Certificazioni forestale alle foreste e alle popolazioni indigene. Il rapporto pubblicato nel 2021, proprio da Greenpeace International, intitolato “Destruction: Certified”, sottolinea come dopo tre decadi di sforzi, le certificazioni, da sole, non siano riuscite a prevenire la distruzione dell’ecosistema e le violazioni dei diritti umani associati alla produzione di olio di palma, soia e legno. Il rapporto indica una certa tendenza all’aumento della deforestazione e del deterioramento di alcuni ecosistemi, nonostante la superficie forestale certificata sia, a livello globale, in costante aumento. In particolare, ci si riferisce ad alcuni degli ecosistemi forestali più fragili e preziosi tra cui le foreste temperate russe, le pluviali indonesiane e della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Nelle stesse pagine si sottolinea però come tra tutti gli schemi di gestione forestale, quello proposto da FSC sia l’unico a imporre la conservazione di “paesaggi forestali intatti” per una quota non inferiore al 10% dell’area certificata. Va anche aggiunto che, recentemente, la stessa FSC ha rivisto, dopo pubbliche consultazioni, i propri standard rafforzando i criteri a difesa dei lavoratori e delle popolazioni indigene coinvolte nella gestione forestale e nella catena di custodia.

Verde: è il colore del futuro!

Sebbene il rapporto FAO dedichi solo poche righe alle Certificazioni forestali e di catena di custodia (citando direttamente solo una volta FSC e mai PEFC), le include tra gli strumenti di tutela forestale e di lotta alla deforestazione. Il totale delle foreste oggi certificate ammonta a circa 400 milioni di ettari (al netto delle aree in doppia certificazione), pari al 10% circa di tutte le foreste mondiali; dato in costante crescita. Le Certificazioni sono dunque un valido aiuto alla lotta alla deforestazione ma non solo. Diventano infatti strategiche nell’aiutare le aziende ad affrontare le nuove regole imposta dalla EUDR, alle importazioni di legname e derivati in Europa fornendo una serie di evidenze, anche documentali, utili ad assolvere agli obblighi previsti.

Il quadro odierno appare dunque meno catastrofico e desolante di come appariva solo quarant’anni fa. Il picco della deforestazione risale agli anni Ottanta, da allora la perdita netta di foresta ha iniziato a rallentare grazie anche all’affermarsi delle Certificazioni forestali. Questo, in aggiunta alle nuove tecnologie legate all’agricoltura, all’allevamento e alla sintesi di prodotti sostituivi, sembra lasciare spazio a un mondo in cui ci si potrà nutrire liberando, allo stesso tempo, terreni oggi impiegati per coltivazioni e allevamento di bestiame.

I nuovi obblighi normativi e l’aggiornamento costante degli standard forestali volontari, congiuntamente a una maturata consapevolezza e a una alimentazione meno impattante e rispettosa delle stagionalità, sono gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione per tutelare il patrimonio forestale globale. Superando la convinzione che da soli non si possa cambiare nulla, saranno proprio le nostre scelte a delineare il futuro delle foreste. Dalle case ai mobili, dalle coltivazioni agli allevamenti, un futuro con più persone e foreste non è solo immaginabile, oggi è anche possibile.