È in un bel posto lo stabilimento di Grafica Metelliana a Mercato San Severino, a nord della provincia di Salerno, circondato dall’Appennino sannita, che è parte sostanziale del paesaggio dell’azienda. Anche qui il coronavirus si è insidiato, mettendo a dura prova tutti. Grafica Metelliana è un gruppo composto da tre nuclei (l’industria poligrafica, la casa editrice Areablu Edizioni e Oneprint per la stampa digitale). Ha più di 70 dipendenti e un fatturato intorno ai 10 milioni di euro. Gerardo Di Agostino, amministratore delegato dell’azienda campana famosa anche per OneMorePack, il premio nazionale di packaging design giunto alla settima edizione, ci racconta di queste settimane difficili.
Come state affrontando il rischio sanitario?
Non mi sono mai trovato in una situazione così, è davvero tutto nuovo e stiamo affrontando qualcosa di nuovo. La prima cosa che posso dire è che io penso soprattutto alla salute di chi lavora, il resto viene dopo. Forse io non sono un imprenditore, mi percepisco come un uomo che pensa alle persone prima di ogni cosa. Intanto ho predisposto presidi sanitari e disinfettanti e mascherine, prima in carta poi in tessuto, in tutti i reparti. Contemporaneamente abbiamo fatto sanificare gli ambienti. I commerciali e gli editoriali lavorano da casa.
Le persone che lavorano come stanno reagendo?
Qui da noi c’è una solidarietà molto forte, noi siamo come una grande famiglia. Pensi che alcuni operai si sono presentati da me per dirmi che non avrebbero accettato il pagamento delle ore di straordinario di febbraio. Mi sono commosso.
In quale fase dell’azienda avete incontrato questa emergenza?
La mia azienda era in una fase molto positiva, abbiamo cominciato con un ottimo gennaio, veramente con tante commesse e un buon febbraio. Il 2020 inoltre si è prospettato come uno dei migliori perché ci siamo aggiudicati la gara per l’assegnazione della commessa per le elezioni regionali in Campania. Si sarebbero dovute tenere alla fine di maggio. Ora c’è una possibilità di rinvio con una nuova calendarizzazione, ma non si sa ancora nulla. Spero che – se anche ci fosse un rinvio con una nuova data per le elezioni – si mantengano i risultati delle gare di assegnazione. Si tratta di una commessa di 950.000 euro, una cifra con la quale avremmo avuto, come si dice, le spalle al sicuro.
Avete un riscontro delle situazioni che vivono i vostri clienti?
Con la cartotecnica, lavoriamo molto con la Lombardia. Abbiamo un grande cliente, che opera nella cosmesi, che ci dà un fatturato di 2 milioni di euro. Questo cliente oggi non è fermo, anzi lavora. I pochi ordini che abbiamo in questa fase arrivano dalla Lombardia. Così come il secondo dei miei grandi clienti, che è campano, non si è fermato fin ora. Siamo un’azienda che fattura un milione al mese, dunque abbiamo bisogno che intorno le cose si muovano. Intanto vogliamo onorare i pagamenti delle forniture. Paghiamo a 90 e a 120 giorni le forniture e vogliamo continuare a farlo, ma intanto in questo momento noi stessi dobbiamo incassare 4 milioni. Bisognerebbe non interrompere mai questo ciclo.
Si può dire però che con il decreto ‘Cura Italia ‘, pur fra aggiunte e limature che ci saranno, qualche aiuto lo avrete.
Certo lo Stato ha fatto la sua parte. Abbiamo delle moratorie per un anno, c’è la cassa integrazione ma adesso noi tutti dobbiamo onorare i pagamenti che abbiamo in corso. Ora lo Stato ci ha dato fiato. Io sono convinto però che ci sono i furbetti che si salveranno non onorando i pagamenti, prenderanno denaro dallo Stato, usufruiranno dei provvedimenti e non pagheranno i loro debiti.
Dal punto di vista degli investimenti come siete messi?
Negli ultimi due anni abbiamo investito 5 milioni di euro in nuove attrezzature. Abbiamo comprato una Heidelberg Speedmaster 72X102 6 colori, una nuova piega-incollatrice Bobst, una HP Indigo 12.000 e una macchina per la stampa a caldo. Io sono incazzatissimo perché, pur nella cornice generale dell’economia italiana, per noi poteva essere un buon anno.
Quando pensa al futuro prossimo, cosa le viene in mente?
Spero che trovino presto il vaccino.
Di Anna Aprea