«Qui è come un lazzaretto, siamo chiusi in casa, non si entra e non si esce dalla zona rossa. Abbiamo dei manufatti da spedire, alcuni sono urgenti e se non troviamo il mondo di spedirli ai nostri clienti saremo costretti a distruggerli». Printall è un’azienda di stampa di Codogno, uno dei Comuni del lodigiano della cosiddetta “zona rossa”, ossia di quei territori individuati come focolaio di contagio da coronavirus in Lombardia, e il suo titolare – raggiunto telefonicamente da Stampamedia – racconta di una situazione a tratti surreale in paese. La zona rossa è presidiata dalle forze dell’ordine, così che nessuno possa entrare o uscire dal suo perimetro, e coinvolge i comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia e Terranova dei Passerini per la Lombardia, mentre in Veneto riguarda il comune di Vo’. La quarantena di due settimane (che corrispondono al tempo di incubazione della malattia e che sono necessarie per scongiurare il diffondersi del contagio e che dovrebbe concludersi per il basso lodigiano al termine della prossima settimana) è stata imposta dopo l’individuazione del cosiddetto paziente 1 (il 38enne di Codogno) ossia della prima persona risultata positiva al COVID-19. Non è ancora chiaro chi sia il paziente 0, da cui sarebbero partiti i contagi, ma ad oggi (25 febbraio) risultano positive al virus quasi 300 persone in tutta Italia, sette i morti. A livello globale sono oltre 2700 i decessi, più di 80 mila i contagiati, quasi 28 mila le persone guarite.
La quarantena
Le attività produttive della zona rossa sono bloccate, come da indicazione dell’autorità. «Ho provato a sentire anche i trasportatori, ma anche loro non possono operare. Alcuni clienti ci hanno detto che si dovranno rivolgere ad altri fornitori», spiegano da Printall, piccola azienda di stampa con sei dipendenti, tutti forzatamente a casa per la quarantena. «Lavoriamo su commessa, se non consegniamo non possiamo mettere in magazzino», continuano dall’azienda. Stessa situazione in un’altra azienda di stampa di piccole dimensione con sede a Codogno: «La produzione è ferma. Dobbiamo consegnare degli stampati a fine mese ma non sappiamo cosa fare, come comportarci. Abbiamo semplicemente messo in pratica quello che ci hanno detto a livello comunale, ossia di stare fermi. Con la speranza che ci dicano che possiamo riprendere al più presto», fanno sapere – chiedendo di rimanere anonimi – da quest’altra azienda. Addirittura, continuano, a Codogno ci sono aziende non del settore stampa che temono ricadute pesanti per il futuro: quasi che, quando la quarantena sarà terminata e tutto sarà risolto, i loro prodotti siano identificati come “i prodotti di Codogno, il focolaio del coronavirus”. «Come facciamo se non possiamo lavorare? – si domandano – Io non ho paura del virus, per me è una forte influenza e basta, era già presente sul territorio da giorni. Spero che interrompano prima del previsto la quarantena perché le misure precauzionali ci vogliono, ma per non interrompere le attività produttive del territorio avrebbero potuto pensare ad altre misure, come dare la possibilità alle aziende di fare un tampone o procedere alla misurazione della febbre almeno per i dipendenti», continuano dall’azienda di stampa, e concludono: «La protezione civile mi sembra un po’ assente qui a Codogno: avrebbero potuto allestire una postazione in centro al paese anche solo di supporto per le persone anziane, che magari vogliono la mascherina non perché siano malate ma per sentirsi più protette».
I provvedimenti
Chi è fisicamente in azienda sta sbrigando lavori di ufficio, facendo le pulizie o controllando documenti. Le macchine da stampa sono spente, i magazzini immobili, i dipendenti a casa. «Qui qualcuno è stato male, ci sono tanti posti di blocco. Non è una sensazione piacevole», commentano brevemente da un’azienda di stampa di Casalpusterlengo, altro comune del lodigiano sottoposto a quarantena, prima di interrompere la chiamata. Per andare incontro ai cittadini e alle imprese delle zone rosse, nella giornata di ieri il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha firmato il decreto ministeriale per la sospensione degli adempimenti e i pagamenti dei tributi e delle ritenute fiscali scadenti nel periodo compreso fra il 21 febbraio e il 31 marzo 2020. C’è confusione invece sui provvedimenti che i datori di lavoro potranno prendere nei confronti dei propri dipendenti per il pagamento degli stipendi: la quarantena è malattia? Viene riconosciuta la copertura dall’istituto di previdenza? «Ci siamo attivati già ieri inviando a tutti, non solo nella zona rossa, una comunicazione in cui abbiamo cercato di tradurre la normativa. È tutto in divenire: abbiamo un tavolo aperto a livello ministeriale e ce ne sarà uno nei prossimi giorni a livello lombardo. A livello nazionale si sta valutando la sospensione dei contributi, la cassa integrazione e forse anche altre misure. Essendo per lo più piccole aziende quelle del basso lodigiano, lavorano come fornitori ad altre aziende quindi l’impatto del provvedimento si ha su tutta una filiera. Faremmo un grande errore considerare solo la zona rossa, il problema è nazionale», afferma Mauro Sangalli segretario generale dell’Unione artigiani e imprese di Lodi. Come evidenzia il Sole 24 ore, se il dipendente non si reca al lavoro perché l’ordinanza vieta di lasciare il comune di domicilio, l’assenza è giustificata e permane il diritto alla retribuzione. Tuttavia, evidenzia la Fondazione studi consulenti del lavoro, è necessario un provvedimento normativo che preveda l’erogazione della cassa integrazione ordinaria per questo tipo di causali, in modo che l’azienda possa far ricorso all’ammortizzatore sociale. «Bisogna mettere in campo un piano non indifferente. Rinviare i pagamenti di un mese è poca cosa, il dramma vero è la paura delle persone. La salute è sicuramente di importanza primaria in questo momento, ma poi le ripercussioni vengono a galla – prosegue Sangalli -. Per quel che riguarda la quarantena, non credo possa essere interrotta prima del previsto. Ora come ora, come associazione vogliamo ringraziare le imprese per la loro tenacia: stanno compiendo un atto di eroismo, e come mondo associativo cercheremo di essere al loro fianco e di sollecitare misure anche straordinarie per fronteggiare questo momento di difficoltà», conclude.
di Giulia Virzì
Nella foto: Roma, 31 gennaio 2020 – Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, presiede il Comitato Operativo della Protezione Civile convocato dal Capo del Dipartimento, Angelo Borrelli, in seguito allo stato d’emergenza dichiarato per il coronavirus. Presente anche il Ministro della Salute Roberto Speranza. Il Comitato Operativo assicura il coordinamento degli interventi di tutte le componenti e le strutture operative del Servizio Nazionale della Protezione Civile.
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