Era il gennaio del 2009 quando il gruppo Seregni perdeva il suo fondatore e timoniere: Umberto Seregni. Una perdita dolorosa non solo per la scomparsa di un imprenditore di vecchio stampo, illuminato, coraggioso e stimato per le sue qualità umane da tutti i suoi collaboratori, ma anche per le sorti che in questi anni ha vissuto quello che era diventato uno dei più importanti stampatori di quotidiani in Italia, se non il primo, con una forte presenza anche nei Paesi dell’Est Europa e, proprio nell’ultimo periodo della vita di Seregni, anche un prestigioso accordo per stampare Le Figaro.
Ancora nel 2011 il Gruppo, ceduto dal Fondo di private equity Camulus che aveva rilevato il controllo – mentre la presenza della famiglia era diventata marginale – agli imprenditori Mastagni (con Andrea Mastagni allora nominato presidente) contava su circa 250 dipendenti e 45 milioni di euro di ricavi. Aveva chiuso l’avventura francese mantenendo però quelle nell’Europa dell’Est (in particolare in Polonia) e i presidi italiani con centri stampa a Paderno Dugnano (da sempre quartier generale della Seregni), Cernusco sul Naviglio, Padova e Fisciano (in provincia di Salerno).
Oggi di quel perimetro di attività facenti capo alla Seregni-Fingraf in Italia è rimasto ben poco dopo una serie di riorganizzazioni, cessioni e chiusure. E così al gruppo Seregni, sotto i colpi della crisi del settore editoriale che ha indebolito il mercato della stampa in questi anni tagliando commesse e redditività, è successo un po’ quello che è capitato ad altri grandi stampatori, basti osservare il ridimensionamento di quello che era una volta il gigante Ilte piuttosto che la fine prematura del nascente polo di stampa (RotoAlba, Mazzucchelli, Enerprint) costituito dall’editore Guido Veneziani.
Di fatto, come spiega Lorenzo Infante della Slc-Cgil di Milano, “oggi l’attività del gruppo Seregni nell’area milanese si è concentrata tutta a Cernusco sul Naviglio e si è ridotta alla Seregni Grafica 2, società titolare degli impianti e della commessa per la stampa del quotidiano QN-Il Giorno, più altri lavori editoriali-commerciali. In tutto vi lavorano circa 18 persone, mentre poco più di una ventina di dipendenti sono ancora in capo alla “vecchia” Seregni e in cassa integrazione”.
“La nostra preoccupazione – aggiunge Infante – era quella di capire come fosse oggi organizzata l’attività e quali garanzie potevano essere date ai lavoratori rimasti. Per questo – aggiunge il sindacalista – nei giorni scorsi abbiamo incontrato il legale rappresentante della Seregni Grafica 2 che ci ha assicurato da una parte l’assenza di problemi per questa azienda, che farebbe capo a un fondo d’investimento, e dall’altra si è preso carico delle garanzie necessarie per confermare la cassa integrazione per i dipendenti ancora in carico alla Seregni, per i quali, però, dopo un anno e mezzo di cassa, purtroppo non resterà che la strada della mobilità”.