Superata la fase acuta della pandemia, i grandi gruppi di stampa italiani stanno tornando alla normalità ma non sarà facile, sia per l’effetto congiunturale della crisi provocata dall’emergenza Covid, sia per i cambiamenti strutturali del mercato (soprattutto sul fronte di riviste e cataloghi) ritornare ai livelli pre-pandemia. Uno specchio della situazione del settore arriva da uno dei principali gruppi grafici italiani, Pozzoni-Elcograf. L’autunno, a livelli di commesse e giri macchina, fanno sapere dal quartier generale del gruppo di Cisano Bergamasco, guidato da Mario Pozzoni, ha portato segnali di ripresa, ma insieme alle luci non mancano le ombre.
A settembre si è registrata una crescita del 2,6% del fatturato netto, ma il confronto è con un 2020 particolarmente debole per la pandemia. Tuttavia il dato puntuale del mese è incoraggiante, con un + 13.3%. Il recupero è proseguito a ottobre e dovrebbe caratterizzare anche novembre, con la spinta delle commesse collegate anche al periodo natalizio. La ripresa cumulativa però riguarda soprattutto la stampa dei libri b/n, quella del resto che era andata meglio anche l’anno scorso, mentre permangono debolezze nel settore dei cataloghi (con il taglio di commesse a partire da quella storica di Ikea che ha deciso di abbandonare i cataloghi cartacei per una comunicazione solo digitale) e in quello della Gdo, anche se l’autunno ha fatto registrare un buon incremento della produzione rotocalco. A pesare sono i fortissimi rincari di carta e inchiostri e ancora di più la mancanza della materia prima e quindi la difficoltà – anche da parte delle catene della distribuzione che acquistano in proprio la carta per i volantoni – a poter soddisfare le commesse.
La stampa dei libri, specie in b/n, va bene in Italia (con lo stabilimento di Cles), + 11% il dato cumulativo a settembre, e ancora di più in Gran Bretagna dove il gruppo bergamasco opera con la storica stamperia Clays Ltd acquisita nel 2018 per circa 30 milioni di euro e dove sono impiegate circa 650 persone che salgono a 800 con i lavoratori temporanei in uso nel mercato inglese.
E proprio l’impianto di Cles e quello inglese sono gli unici non interessati dall’utilizzo della cassa integrazione-Covid e dal programma di prepensionamenti varato dal gruppo anche grazie al fondo di circa 60 milioni previsto a suo tempo dal governo per il prepensionamento dei poligrafici. Piano che, spiegano in Elcograf, dovrebbe concludersi nella prima metà del 2022 con un totale di circa 300 uscite portando la forza lavoro del gruppo (Pozzoni ed Elcograf) a circa 1250 dipendenti, esclusi i dipendenti della Clays. I prepensionamenti riguardano anche l’ultima acquisizione operata dal gruppo, la ex Canale di Borgaro torinese, dove, grazie anche al tavolo con istituzioni locali e sindacati, era stato ampliato il perimetro del personale in esubero rientrante nei prepensionamenti ma a regime sono previsti al massimo una cinquantina di operatori impegnati su due rotative (oggetto a suo tempo dell’accordo per la ex Canale) e quindi si dovranno trovare percorsi di ricollocamento e formazione per circa quaranta lavoratori, a partire da quelli dell’area amministrativa e impiegatizia in genere.
In un mercato dove la marginalità è compromessa dal forte aumento delle materie prime e dei costi dell’energia, difficilmente trasferibile sui clienti, il gruppo non prevede in questa fase nuovi investimenti in macchine: il reparto piane e digitali, quelle che stanno “girando” meglio è stato rinnovato nel 2018 mentre le 14 rotative Rotooffset e le 4 Rotocalco attive non sono ancora utilizzate al 100% e restano ferme le 4 rotocalco di Verona e le 4 di Melzo. Allo stato quindi, è improbabile nell’immediato un’ulteriore crescita per linee esterne, come avvenuto negli ultimi anni, prima della pandemia.
di Achille Perego