Lo scorso anno la Commissione Europea ha presentato una serie di proposte per rafforzare la progettazione ecologica dei prodotti, promuovere l’economia circolare e combattere il greenwashing
Negli ultimi anni la Commissione Europea ha adottato numerose misure per stimolare la transizione verso la “green economy” e porre fine al modello di consumo “usa e getta”. Grande attenzione è stata dedicata al settore tessile, tant’è che il 30 marzo 2022 è stata presentata la EU Strategy for Sustainable and Circular Textile: una serie di proposte per rafforzare la progettazione ecologica dei prodotti in un’ottica di eco-design, promuovere l’economia circolare, rafforzare i diritti dei consumatori e combattere il greenwashing.
Emerge la necessità di garantire trasparenza e tracciabilità lungo le supply chain; incoraggiare lo sviluppo di tecnologie di trattamento per il riciclo e recupero delle materie prime; far rispettare il regolamento REACH (quadro giuridico completo per le sostanze chimiche fabbricate e utilizzate in Europa) sulle sostanze chimiche e i criteri dell’Ecolabel europeo per i tessuti.
Con la revisione della direttiva sull’ecodesign (che prima riguardava solo gli elettrodomestici) si punta a promuovere la longevità dei prodotti, aumentando il riciclo fiber-to-fiber (da fibra a fibra). Uno degli obiettivi più ambiziosi riguarda il divieto di distruzione dei capi resi o invenduti e, di conseguenza, l’indebolimento della protezione dei diritti di proprietà intellettuale, il principale motivo per cui al momento i brand preferiscono distruggere i propri capi piuttosto che ricorrere all’upcycling o destinarli a mercati secondari. È prevista inoltre l’introduzione di un Digital Product Passport (DPP), un passaporto digitale che garantisca la tracciabilità in ogni fase della filiera. A partire da gennaio 2023 l’applicazione di questa etichetta speciale è diventata obbligatoria per le aziende con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro, ma sarà estesa anche alle piccole-medio imprese a partire dal 2024.
Per combattere il greenwashing, la Commissione ha previsto l’utilizzo di un Product Environmental Footprint (PEF) per verificare la correttezza delle dichiarazioni ambientali relative ad abbigliamento e calzature. Diverse organizzazioni hanno espresso perplessità su questa misura, ritenendola obsoleta e non adatta a coprire una serie di elementi chiave su cui oggi si basano le certificazioni di sostenibilità, ossia governance, impatto sociale, utilizzo di sostanze plastiche. La Strategia prevede infine l’estensione del principio di responsabilità estesa del produttore anche alle aziende del settore tessile, a partire da gennaio 2025, benché – come riporta il blog a cura di Silvia Gambi solomodasostenibile, esista ancora molta confusione in merito dovuta al fatto che ogni Paese adotterà la propria regolamentazione nazionale.