Non bastavano sette anni di crisi, il calo dei consumi, la concorrenza globale: a colpire il settore grafico-cartario italiano adesso ci si mette anche la turbolenza dei mercati finanziari a frenare i tentativi di ripresa e sviluppo delle aziende. Estrema volatilità e forte rischio di correzione delle Borse, con il rischio di cadute verticali dei titoli, hanno rovinato la festa del gruppo Fedrigoni proprio alla vigilia della quotazione in Piazza Affari.

Per la seconda volta nel giro di tre anni (e per gli stessi motivi) la società guidata da Alessandro Fedrigoni ha dovuto tirare il freno a mano, anche se lo sbarco è solo rimandato e i progetti di espansione (soprattutto internazionali) non si arrestano. Eppure le premesse perché l’esordio del gruppo veronese fosse un successo c’erano tutte: un primo semestre in utile di 29,9 milioni a +114%, fatturato in crescita del 9% a 441 milioni, meno debiti e più redditività. Abbastanza perché gli investitori fossero attratti dal collocamento.

E invece lo sbandamento dei mercati (aggravato negli ultimi giorni dalle analisi sull’affidabilità delle banche europee) ha imposto una drastica correzione, se non di rotta, almeno sui tempi di attuazione del programma di sviluppo. Una linea prudente adottata da molte società (che pure non hanno fondamentali solidi come Fedrigoni): ItaliaOnLine, Segafredo Zanetti, Ovs e anche le Cartiere Favini, che hanno rinviato la quotazione in attesa di condizioni migliori.

E così giovedì scorso, nell’ultimo giorno di offerta, la scelta di stoppare il collocamento del 35% del capitale, presa dagli azionisti (la famiglia Fedrigoni) con gli advisor Unicredit e Bnp Paribas.

Non si sa quale percentuale dell’offerta fosse già stata coperta, né a quale prezzo, previsto tra i 5,5 e i 7 euro: la decisione, hanno spiegato i vertici, “riflette l’ulteriore e sempre più marcato deterioramento delle condizioni dei mercati finanziari nel corso del periodo d’offerta”.

Resta la soddisfazione registrata durante gli incontri con gli analisti e gli investitori: l’offerta era stata apprezzata, e il prezzo giudicato corretto e i parametri industriali e finanziari erano stati considerati molto più interessanti rispetto a quelli di altre società che guardano a Piazza Affari.

Forte di questo consenso, Fedrigoni solo pochi giorni fa aveva confermato l’offerta ora ritirata perché sulle Borse mondiali continuano ad addensarsi nuvole nere.

Da Verona, storica sede del gruppo, comunque si precisa che la quotazione resta un obiettivo strategico, anche se in questo momento la priorità viene assegnata allo sviluppo industriale tramite l’acquisizione di ulteriori quote di mercato secondo i piani già illustrati. Quando il mercato finanziario tornerà a essere favorevole, si riaprirà anche il capitolo Borsa.

Come a dire che sia pure senza poter contare sul considerevole apporto di capitale fresco dalla quotazione (una cifra stimata tra i 75 e i 95 milioni), restano d’attualità i progetti di crescita, soprattutto all’estero, che Stampamedia ha annunciato nei mesi scorsi. Alessandro Fedrigoni e l’amministratore delegato Claudio Alfonsi stanno valutando da tempo aziende dell’Est Europa e dell’area UE, oltre che in Sudamerica e negli Stati Uniti. L’obiettivo è sempre cercare società solide e ben introdotte, con reti commerciali ricche di clienti interessanti per il gruppo.

Acquisizioni a parte, viste le difficoltà del mercato nazionale l’obiettivo è comunque crescere all’estero, incrementando ulteriormente la quota di fatturato realizzato fuori dai confini, oggi al 65%. Solo in questo modo sarà possibile mirare all’ambizioso traguardo di medio periodo di portare i ricavi a 2,5 miliardi di euro. In quest’ottica lo stop imposto dall’instabilità finanziaria al progetto Borsa non va visto come una sconfitta, ma come un’occasione per rivalutare tutto lo scenario e considerare il ventaglio di alternative di sviluppo a disposizione della società.